IL DARDO DEL 10 GENNAIO: Caso Seab, Marampon e il Pd correi di una gestione aziendale fallimentare se ne vadano

Ci troveremo a dover gestire la disoccupazione di oltre 200 famiglie che lavorano in Seab? Da quanto sta emergendo sulla vicenda della ditta a controllo pubblico che si occupa della raccolta dei rifiuti nel Biellese non sembra che ci siano delle grandi prospettive.

Appare evidente che negli anni si sono susseguiti gli errori nella gestione. Ci sono senza dubbio delle responsabilità storiche di amministratori della società e amministratori pubblici, ma la punta dell’iceberg sembra essere l’ultima gestione del presidente Marampon, scelto dall’oggi silente Partito democratico, e da quanto sembrerebbe piuttosto inadeguato ad amministrare una società che ha accumulato debiti. Amministrare Seab non è come fare il sindaco. I ruoli sono ben diversi. Era forse più facile quando gli insoluti dei pagamenti non ricadevano direttamente sulla società, ma nel momento in cui cambiano le carte, è necessario adeguare la partita: cosa che pare non sia stata fatta.

Ora la vicenda dovrà necessariamente essere affrontata seriamente, non è più possibile come fatto sino a pochi giorni fa, far finta di nulla e non dare risposte a chi le chiede. Anche perché qualche sindaco il famoso controllo analogo, chiedendo conto in assemblea, lo ha praticato, ma senza risultati, perché le risposte non sono mai arrivate.

Ora questo non è più possibile. I milioni di “buco” sembrano parecchi, non “soltanto”, e si fa per dire e per non piangere, un paio e rotti. E ciò che dovrebbe aver preoccupato, e dovrebbe ancora oggi preoccupare il Partito democratico, che un tempo sbandierava il sostegno dei diritti ma che di fatto per le persone non fa più nulla da anni, è il danno sociale che una così scellerata gestione rischia di creare.

Non c’è molto da girare intorno al problema, che Marampon lasci la presidenza intanto. Perché a poco valgono eventuali sue soluzioni raffazzonate dell’ultimo secondo: ha avuto tempo, lui col Pd, di amministrare e recuperare crediti e non solo l’ha fatto male, ma lo ha gestito addirittura in modo fallimentare, di fatto non occupandosene. La società si affidi ad amministratori più responsabili che presentino un piano aziendale e che provino a salvare, soprattutto, le persone che vi lavorano e il servizio di raccolta. Se non si deciderà in fretta, prevedo mesi difficili, immondizia accumulata e nuovi bandi di affidamento da fare. E oltre 200 famiglie costrette a chiedere i sussidi per sopravvivere. Infine mi auguro che almeno oggi, toccato il fondo, i comuni che dovrebbero controllare l’operato della società partecipata prendano una posizione. Tutti i comuni interessati, non soltanto una piccolissima minoranza.