Anche quest’anno, tutti insieme appassionatamente, abbiamo dato il benvenuto al 2025 e, come ogni anno e come da tradizione, nella notte a cavallo del 31 dicembre ed il 1° gennaio le piazze e le strade cittadine si sono trasformate in campi di battaglia degni della guerriglia vietcong.
Da qualche anno gli esperti animalisti hanno iniziato una campagna contro l’uso di fuochi d’artificio, responsabili dell’aumento delle polveri sottili e di un considerevole numero di decessi di animali domestici, il tutto confortati dal parere della Società Italiana di Medicina Ambientale, senza poi contare le decine di falangi, bulbi oculari e avambracci che per incidenti di percorso durante l’accensione saltano in aria ai poveri malcapitati aspiranti geni dell’esplosivo.
Abbiamo visto come, su tutta la nostra penisola, esistano diverse posizioni in merito, dalla situazione di Napoli, dove non ci sono addirittura provvedimenti restrittivi, a Torino dove addirittura esiste un regolamento che vieta categoricamente l’uso dei botti, curiosa la situazione di Milano dove il provvedimento che vietava l’uso è stato annullato da una sentenza del TAR e, di conseguenza, il primo cittadino meneghino non ha potuto far altro che invitare a limitarne l’uso.
Ma alcune riflessioni sono doverose: c’è da chiedersi come mai fino a quando non ha iniziato a imperversare questa nuova generazione talebano-ambientalista, i botti erano una tradizione amata e adottata dalla maggioranza dei cittadini e, a memoria di uomo nessuno ricorda di stragi di animali domestici nella notte di Capodanno, ma si sa, quando ci sono le “mode” bisogna seguirle altrimenti si diventa out.
Mi fanno tenerezza i poveri Primi cittadini delle città e dei paesi che, solerti e sensibili all’elettorato animalista ambientale, provvedono con ordinanze il divieto con tanto di super multe e accessori vari, senza però poi dirci, nei giorni successivi, quanti verbali sono stati elevati dalle forze di polizia, anche perché è sotto gli occhi di tutti che nella notte non c’è stato angolo del centro abitato dove non ci sia stato un fuoco d’artificio.
È il sistema della politica italiana, ossia fare leggi e divieti e poi non farli rispettare, in modo da avere la coscienza pulita nei confronti di chi chiede questi provvedimenti a gran voce ma, nello stesso tempo, consapevoli che tanto non serviranno a nulla, se non al povero malcapitato che, durante il maneggio dei fuochi, capita un incidente e, dovendo poi andare in ospedale, lì viene medicato e/o amputato e sanzionato per non aver rispettato l’ordinanza di turno.
Anche a Biella e nel biellese la musica non cambia, pertanto sarebbe giusto che gli amministratori così solerti e puntuali ad emanare ordinanze di divieto, fossero anche così puntuali a rendere pubblici quanti interventi sono stati fatti e quante sanzioni elevate: bastava guardare sopra le nostre teste , un po’ ovunque, per rendersi conto che l’ordinanza non è servita a nulla.
Un pensiero finale ai venditori di trichetracchè: in questo momento non siete di moda; pertanto, per i prossimi anni sostituite i botti con i coriandoli rigorosamente ignifughi e deteriorabili, così non rischierete mancati guadagni causa normative locali.
@guidodellarovere
@ildardo
@laprovinciadibiella