IL DARDO DEL 14 LUGLIO: NON CI SONO PIÙ GLI ASINI DI UNA VOLTA

Alla fine della maturità le scuole superiori del Biellese hanno prodotto la bellezza di 71 ragazzi usciti con il 100, tra 100 e 100 con lode. Non c’è che dire, un’enormità. In un territorio che ogni settimana ci vendiamo e vendiamo al nostro prossimo come sempre più vecchio, con meno lavoro, con meno risorse, facendoci ogni volta più male che bene, la manica larga della scuola ha prodotto una nuova generazione di aspiranti “cervelli” pronti a contribuire al rilancio del Biellese.
E’ vero, sono un po’ ironico, lo ammetto. Ma lo sono perché mi ha davvero colpito questo dato e merita una fugace riflessione di mezza estate. Certamente ne è passato parecchio di tempo da quando il mio professore di Topografia Emilio Gioeli faceva un distinguo interessante, ossia divideva gli allora 36 (il voto massimo, lo ricordo per le nuove leve, era 60 ed il minimo, appunto, 36) che erano considerati i classici asini con cappello e orecchie in stile Collodi e i 37, ossia , quelli che lui amabilmente definiva “asini con le orecchie corte”. Gioeli, come molti altri insegnanti della mia generazione, era attento nel definire la scala gerarchica del voto partendo dal basso, dai più disperati, da quei ragazzi che venivano spediti nel mondo del lavoro passando per uno spiraglio sottile, che divideva, nel caso dei geometri, il lavoro in cantiere dalla direzione dei lavori nello stesso cantiere.
Dopo questi venivano quelli bravini, coloro che avevano condotto un quinquennio dignitoso, senza infamia né lode. E infine gli inarrivabili: quei pochi predestinati all’Olimpo del 60, ragazze e ragazzi a cui si sarebbe presto dischiusa una brillante carriera universitaria. L’Università in quegli anni era tutt’altro che scontata, lo ricordo sempre a coloro che oggi la frequentano come un percorso quasi obbligato, peraltro in molti casi contribuendo ad abbassarne il livello, perché un asino con le orecchie corte comprendeva (e dovrebbe comprendere anche oggi secondo me) che la sua strada deve essere inevitabilmente diversa.
Ritornando però all’attualità, e ricollegandomi con il ragionamento di partenza, vedere ben 71 ragazzi usciti col 100 e spesso anche 5 o 6 nella stessa classe, mi fa essere un po’ sospettoso: siamo diventati improvvisamente più preparati e intelligenti, oppure semplicemente il sistema scolastico ha cambiato registro? Un tempo la linea era quella di premiare i migliori e fermare chi non aveva le capacità. E badate, non per cattiveria, ma perché ciascuno potesse contribuire nella società per ciò che poteva fare. Mi sembra invece che da qualche anno si tenda a premiare un po’ tutti e non so esattamente se questa visione del sistema contribuisca a creare generazioni migliori. Dopodichè, con tutti questi 100, una cosa la posso augurare a tutti noi: che fra di loro ce ne sia almeno uno in grado di far funzionare l’ascensore funicolare senza intoppi, capendone il meccanismo meglio di chi in Comune lo ha progettato