Diga sul Sessera, Patelli:”Per il Biellese l’invaso porterebbe benefici. Ma bisogna saper negoziare i vantaggi”.

Il presidente della Regione Alberto Cirio, come abbiamo letto sui giornali di giovedi scorso, vuole la diga in Valsessera. In realtà, intervengo in un dibattito che nel Biellese parte da lontano, per aggiungere che non soltanto il presidente della Regione, pensando all’utilizzo dei fondi del Recovery Plan per il nostro territorio, dovrebbe pensare alla diga, ma tutti noi dovremmo farlo.

Il dibattito su questo tema, che peraltro perde già abbastanza consistenza se si pensa che non si tratta di un territorio, il nostro, che si troverebbe con una diga ex novo, perchè da parecchi anni convive con un invaso che, statistiche alla mano, ha certamente generato più vantaggi e ricadute al Biellese orientale che svantaggi.

Certo, non si tratta di una diga, quella attuale, della portata e della dimensione di quella che si andrebbe a realizzare oggi al suo posto, ma certamente questo fatto non genererebbe nuovi ipotetici svantaggi, ma soltanto opportunità, in tempi e anni in cui le opportunità sono sempre meno e, dato di oggi, l’Italia nel 2020 ha fatto registrare un milione di nuove famiglie in assoluta povertà. Il nostro Biellese non è esente da queste drammatiche tendenze e un po’ da tutte le parti si stanno esplorando nuove strade per cercare di mantenere, almeno, i livelli occupazionali attuali, cercando di poter offrire ancora un’ipotesi di futuro per i nostri figli che magari sognano l’Erasmus e le esperienze di lavoro all’estero ma poi, in età più matura, si immaginano di poter tornare e dare il loro contributo al territorio in cui sono nati.

Oggi questa possibilità è molto remota. La diga non può essere la panacea di tutti i mali che affliggono la nostra società, ma certamente, se vista nella giusta ottica e nella giusta prospettiva di lungo termine, può contribuire a potenziare un comparto, quello turistico, che sta crescendo e provando a fare sistema, integrando il turismo escursionistico all’enogastronomico, ma che si trova ancora in forte ritardo di sviluppo rispetto a molti territori che primeggiano non solo fuori dal Piemonte ma anche nella nostra regione.

Perché la diga può essere un volano di sviluppo? Per molti motivi. La mia convinzione si basa su diversi elementi. Intanto perché garantisce rifornimento idrico a quelle zone che in passato rischiavano sovente di razionalizzare l’acqua, con tutti i disagi che ne derivano. E poi naturalmente quest’acqua serve le coltivazioni di riso. E’ proprio su questo punto che vedo le maggiori critiche, quando molte persone, all’interno del dibattito generale, sostengono che i risicoltori potrebbero ormai farne a meno, utilizzando le coltivazioni di riso “in asciutta”. Bisognerebbe fare queste critiche a ragion veduta e valutare quanto sia conveniente per le aziende che producono riso avviare coltivazioni di questo tipo. Già così cittadini e agricoltori (e quindi anche una parte di economia rurale) gode dei suoi benefici da una diga. Ma pensiamo all’indotto turistico. Pensiamo alle numerosissime località che hanno saputo sfruttare le dighe per costruirsi o ricostruirsi un’economia turistica: escursioni, attività sportiva, bike intorno alla diga, e poi sport d’acqua. Potrebbero nascere nuove attività, nuove strutture ricettive a supporto, nuovi luoghi per la ristorazione. Con una parola: lavoro. Nascerebbe un sistema ideale che graviterebbe intorno alla diga. Penso al Gran Paradiso qui vicino a noi, ma anche al Trentino, o alla Lombardia. Gli esempi sono tantissimi.

Ma la politica, anziché criticare, o comunque involvere sempre sullo scontro e sulla polemica, dovrebbe favorire certe dinamiche. Perché fare politica contro l’interesse dei cittadini? Voglio aggiungere: anch’io amo gli animali e ho un forte rispetto per l’ambiente. Ma siamo davvero sicuri che difendendo l’ampiamento di una diga ciò comporti necessariamente distruggere un paesaggio? Io sinceramente non lo credo.

Una politica territoriale lungimirante dovrebbe sedersi al tavolo della trattativa e negoziare opere di compensazione intelligenti e utili. E poi, soprattutto, negoziare opportunità economiche. L’introito derivante dall’energia elettrica prodotta, con un invaso delle dimensioni di quello che si vuole realizzare, può essere decisamente alto. Perché non provare ad ottenerne una percentuale interessante negoziando? Soldi che entrerebbero nei bilanci provinciali. E allora sì che, magari, a cascata si potrebbe pensare di migliorare le infrastrutture pubbliche: edifici, luci, la manutenzione delle strade. Si potrebbe pensare, con gli introiti, di dare ossigeno a un settore, quello della manutenzione pubblica, sempre in costante affanno e povero di risorse. Questo dovrebbe essere l’approccio. Non un approccio ideologico.

Il vero punto in tutto ciò, è che la società deve stare al passo con i tempi. Non possiamo più permetterci di costruire il nostro futuro con lo sguardo rivolto alle esperienze del passato. Il passato va salvaguardato e protetto. Bisogna fare tesoro degli errori. E proprio per questo, imparando da noi stessi, oggi dovremmo abbandonare certe posizioni e pensare che ha ragione Cirio: la diga, al Biellese, serve eccome.
On. Cristina Patelli