Tutte le testate giornalistiche e i media nazionali hanno ripreso la notizia della sentenza del giocatore di una squadra di Milano (scusatemi ma non riesco scrivere il nome) che sarebbe stato assolto dall’accusa di aver insultato, dandogli del “negro” tal Juan JESUS, giocatore del Napoli calcio.
E’ altresì vero che non è proprio la settimana buona per tutti coloro che si chiamano JESUS infatti, come la nostra tradizione cattolica ci insegna da circa 2000 anni, in questi giorni viene ricordata la fine che i palestinesi fecero fare al primo portatore di tale nome, pertanto non sono affatto stupito dal trattamento ricevuto dal giudice competente.
Fatto il dovuto sarcasmo entriamo nella notizia, in quanto tale assoluzione sarebbe stata presa senza che nessuno avesse sentito l’epiteto e, caso strano, nessuna telecamera avrebbe ripreso l’accaduto, cosa peraltro non così insolita, negli ultimi anni, quando si parla di giocatori nerazzurri.
E’ una vergogna, è un bruttissimo esempio di giustizia sportiva che dimostra di esprimere valutazioni diverse a seconda dell’occorrenza e, paragonandola ad un caso tutto biellese, dico questo con cognizione di causa visto che lo scorso anno, in un campionato locale di seconda categoria, un giocatore della ASD VALLE ELVO venne condannato a DIECI giornate di squalifica perché un giocatore di colore si sarebbe lamentato con il direttore di gara per aver ricevuto un epiteto che lo etichettava con termine di “scimmia”.
Anche in questo caso nessuna telecamera, nessun VAR, nessuna testimonianza ma, sta di fatto che la giustizia sportiva con i “piccoli giocatori dilettanti” ha fatto la voce grossa, ha voluto dare un segnale forte senza minimamente raccogliere dati a prova di quanto riportato dal soggetto offeso.
È doveroso ricordare che gli atteggiamenti razzisti, di qualsiasi tipo, siano da condannare sempre perché non sono tollerabili, ma è altresì vero che può anche capitare che qualche fenomeno si inventi di averne ricevuti per far perdere la partita all’avversario.
Dando per buono che sia vero quanto denunciato nel caso del campionato dilettantistico, è doveroso pretendere, inderogabilmente, una linea di giudizio uguale e imparziale per tutti coloro che corrono sui campi da calcio, siano essi dilettanti o professionisti, perchè solo così si riuscirà a trasmettere alle nuove generazioni che lo sport non deve essere sporcato da azioni di razzismo, sessismo e volgarità.
Chiudo deluso e amareggiato per l’accaduto, per questa giustizia sportiva che lascia perplessi alla luce di tutti quegli episodi singolari e anomali che hanno costellato i vari campionati. E mi chiedo anche perché, una volta per tutte, non si voglia davvero lavorare per far capire al mondo che il calcio è pulito e che i giudizi vengono dati sempre nell’interesse del buon nome dello sport. Se questa non è la strada che si vorrà percorrere, allora la nomea di un calcio malato e viziato dai poteri forti sarà ogni giorno sempre più pesante tra chi lo pratica, dai 5 anni agli amatori, e la convinzione sarà sempre di più quella che non vince il più forte in campo ma chi è più potente con gli organi dirigenziali.
Guido DELLAROVERE
@ildardo