Il caso Open Arms getta Matteo Salvini in un vortice pericoloso. Non tanto per la pena che rischia ora che è stato concesso dal Senato il processo nei suoi confronti. “Nessuno è al di sopra della legge”, o anche “Non agì per interesse del Paese” sono fra le principali motivazioni della concessione a procedere. Ironia della sorte, lui che giusto un anno fa, al Papeete di Milano Marittima chiedeva i “pieni poteri” si trova oggi costretto a difendersi per aver sequestro di persona.
Non è tanto la pena di un’eventuale condanna a spaventare Salvini oggi. Ma l’incandidabilità. La decisione del Senato, infatti, getta sul leader leghista lo spettro di non poter essere candidato alle prossime eventuali elezioni e quindi una condizione che lo farebbe, almeno ufficialmente, uscire di scena. Sosterrebbe il partito da fuori, ma gli stessi “gerarchi” leghisti sarebbero costretti a costruire una narrazione diversa.
E’ molto probabile che il processo svanisca come una bolla di sapone, certamente. Non sarebbe la prima volta che ad un gran clamore iniziale non seguirebbe alcun risultato. In ogni caso Salvini, dalla decisione di ieri, ne esce a pezzi, malgrado le sue rassicuranti frasi di circostanza in cui giura che rifarebbe tutto ciò che ha fatto. Ne esce con un “potere”, da lui tanto agognato, molto ridimensionato. E i suoi stessi sostenitori, almeno quelli più moderati, c’è il rischio che lentamente lascino la barca, per usare un parallelismo. Fratelli d’Italia è in forte crescita di consenso un po’ ovunque e gli equilibri nel centro destra stanno cambiando. E cambieranno ancora di più, forse in modo definitivo nei prossimi, con un leader debole come è Salvini oggi che dovrà difendersi in tribunale e gestire un gruppo di luogotenenti che scalpita per farsi spazio al timone.
Tiro MANCINO