LA SCUOLA E’ FINITA, VIVA LA SCUOLA

La scuola è finita, viva la scuola!
Ma è finita davvero oggi? O forse è più ragionevole dire che sia terminata il 22 febbraio, con l’inizio del lockdown?
E’ stato un anno difficile, non nascondiamolo.

Non è possibile prescindere dal considerare che il Covid-19 abbia cambiato radicalmente il mondo di fare scuola.

Ci sono stati alcuni aspetti positivi, ma anche diversi aspetti negativi in questa vicenda.

E gli aspetti negativi vengono tutti dalla politica.

Di buono c’è che insegnanti, genitori e allievi si sono prodigati in questi mesi per conservare una certa normalità. Impossibile replicare la vita scolastica senza la fisicità legata a un quotidiano vissuto a contatto, ma l’impegno generale ha comunque tenuta accesa una fiaccola di speranza oltre che di partecipazione.

Gli insegnanti, in molti casi, hanno dovuto fare un salto generazionale e iniziare a prendere confidenza con strumenti tecnologici inaspettati.

E anche questo è stato un bene, perché nel 2020 uscire dalla confort zone del registro cartaceo può essere un passo in avanti.

Anche gli studenti sono cresciuti: stare incollati a un monitor per una, due o tre ore, se non di più, vincere i “lag” delle connessioni, poche volte davvero all’altezza della situazione (la faremo una riflessione generale anche su questo?) sono stati elementi di crescita e di responsabilizzazione.

E poi ci sono stati i genitori che vincendo una certa riluttanza iniziale sono stati il trait d’union perfetto tra gli insegnanti e i propri figli. In qualche caso, addirittura, certi genitori, i rappresentanti di classe, sono stati esemplari nell’aiutare e sostenere “colleghi” meno avvezzi alle tecnologie e insegnanti, prodigandosi come se fossero loro stessi parte del sistema.
Tutto questo ha funzionato benissimo.

Ma poi c’è la politica. Purtroppo.

E questa, davvero, non ha funzionato e continua a non funzionare. Per la politica la scuola non rientra nel dibattito pubblico.

C’è un ministro che annaspa e non sa cosa fare e un tema, quello del ritorno a scuola in presenza nelle migliori condizioni possibili che a tutt’oggi non è stato affrontato con dignità e serietà.

Un ministro che un giorno dice: tutti promossi e poi, a ridosso degli scrutini, che gli studenti si possono anche fermare.

Un ministro che prima immagina di inserire nuovi insegnanti in un modo e poi opta per un altro.

Un ministro che a settembre non sappiamo come e se inizierà regolarmente l’anno scolastico e che non riesce a porre la questione su un livello superiore.

Già, perché non se ne parla.

E’ importante sapere e capire se si può tornare a cena o andare al mare: di questo sappiamo tutto, ne sono pieni i giornali.

Ma non ci è dato comprendere come i nostri figli potranno tornare a formarsi da qui a un paio di mesi.

Sappiamo che ripartiranno i centri estivi, ma paradossalmente non sappiamo se a settembre gli studenti torneranno fra i banchi e se saranno separati da un metro di distanza dentro a scafandri di plexiglas.

Ma sarà mai possibile, in un’Italia che sta ripartendo ovunque, basta guardarsi intorni, non immaginare un ritorno a scuola pseudo normale?

Ma poi, ancora, cosa stiamo aspettando a comunicare le decisioni prese?

La politica ha fallito.

Moltissimo e in molte situazioni: dagli assegni di sostegno elargiti a pioggia e random, non disponibili per tutti i professionisti, a incertezze legate a sostegni per imprese e piccole attività commerciali.

Si sta parlando di miliardi che arriveranno sotto forma di fondi europei, con regole precise e alla fine di importi che non aumenteranno in modo significativo le dotazioni dell’Italia.

Qualcuno ci sta prendendo in giro.

E la scuola ne è un plastico esempio.

Spero di sbagliarmi ma… Mala tempora currunt.