IL DARDO DEL 26 NOVEMBRE: LA LEADERSHIP DELLA LEGA E IL PD SILENTE FRAMMENTATO DAL SAPORE DI PASSATO

Che cos’ha la Lega più di altri partiti?

Me lo sono chiesto negli ultimi tempi, perché, in fondo, non si può certo dire che il partito guidato da Salvini sia costituito da dilettanti allo sbaraglio dell’ultimo minuto.

Al suo interno c’è molta gente d’esperienza, e per esperienza intendo di molti anni. Semmai, a cambiare, è stato il linguaggio, ma il partito resta un solido riferimento politico con una chiara leadership oltre che chiare idee.

Altrettanto non si può dire del Partito Democratico, che si esalta perché una piazza costituita dalla società civile che per larga parte non vota né voterà mai il PD, ma semplicemente si è rotta le scatole, ha alzato la voce a Torino.

Lo fa come se fosse “gente” sua al posto di interrogarsi del perché non dica più nulla da mesi.

Io un’idea me la sono fatta: perché non ha nulla da dire.

E’ abbastanza semplice che se in quasi nove mesi di opposizione un partito che ha governato per anni non dice nulla, il caso può essere soltanto quello di aver fatto tanto male che oggi non riesce più a trovare alcuna alternativa, dal momento che tutte quelle ipotizzabili sono state applicate, male, e gli sono costate il 20% abbondante di consenso.

Dopo mesi e mesi di nulla, ora i Democratici sono in cerca di una nuova leadership e i candidati li raccomando.

Uno, Zingaretti, che per una questione più legata agli accordi che altro, è riuscito a confermarsi nel Lazio, oggi viene chiamato a gran voce come salvatore da tutta quella sinistra che da sempre ha vissuto col collo storto la nascita del Pd, perché stava tanto bene nei Democratici di Sinistra, ex Pci. Zingaretti rappresenta per queste anime rosse un tale ideale che persino la sua copia/sosia più pimpante, quel Bersani che se ne è andato dal Pd per non essere governato da Renzi, ora ha richiamato le proprie truppe da Liberi e Uguali ed è pronto a tornare insieme nella grande riunione rossa con Zingaretti.

Dall’altra parte invece c’è un grigio e triste Minniti, che viene definito in continuità con il governo Gentiloni e sarà probabilmente votato da chi non sogna il ritorno al passato. Quel Minniti che ha creato, parlando di migranti, che sono sempre un tema caro ai Dem, dei veri e propri lager, dei campi di concentramento in Libia che, è vero, hanno ridotto gli sbarchi, ma hanno ucciso, fatto stuprare, torturare, migliaia di africani detenuti con tanto di supervisione delle cose con moto vedette pagate dall’Italia.

Un bel quadretto. Ma bastasse. In realtà tra chi cerca visibilità o altro, posti e posticchi, pare che i candidati alla leadership del Pd siano 9 al momento!

Magari scenderanno, ma allora è facile capire perché la Lega oggi ottenga così tanto consenso: ha le idee chiare, attua politiche che piacciono agli italiani, ha un leader certo che mira al sodo e anche la visione del Paese è chiara. Dall’altra parte, il delirio.