COMUNICATO STAMPA
Cinquant’anni fa l’alluvione che mise in ginocchio il Biellese. L’onorevole Patelli sottolinea: “L’attenzione deve restare alta per prevenire disastri idrogeologici. Che le esperienze del passato siano di insegnamento e fungano da monito”.
Esattamente 50 anni fa, era sabato 2 novembre 1968, terreni zuppi ed instabili cominciarono a franare a valle tra Strona e Mosso, in Provincia di Biella. Si cominciarono ad udire forti ed inquietanti rombi e boati simili a lunghi e cupi tuoni.
Tutti i Comuni della fascia collinare compresa tra Biella e Borgosesia furono interessati da frane e smottamenti. Quelle più drammatiche si staccarono dai pendii dei Comuni di Zumaglia, Bioglio, Valle S. Nicolao, Pettinengo, Veglio, Mosso S. Maria, Camandona, Callabiana, Pistolesa, Trivero, Portula, Pray, Coggiola, Crevacuore, Caprile, Ailoche, Soprana, Mezzana Mortigliengo, Strona, Valle Mosso, Crosa, Casapinta, Lessona e Masserano, con un solo sconfinamento nel comune di Curino, anch’esso costituito da sabbie silicee (le cosiddette terre rosse che ancora oggi danno il nome a quella zona della Provincia).
Cadde talmente tanta pioggia che il disastro resta ancora oggi fra i peggiori della storia del nord ovest del nostro paese. Durante la notte, sotto quell’acqua scrosciante che pareva non essere mai scesa prima per la violenza con cui cadeva, Valle Mosso e le sue frazioni furono sommerse da fango, alberi, automobili, massi, travi, mattoni, e poi dai macchinari tessili provenienti dalle decine e decine di industrie presenti praticamente ovunque nella zona. In uno scenario che sembrava post apocalittico, come viene ancora oggi raccontato dai testimoni, interi quartieri e borgate, lungo il torrente vennero spazzati via.
E così, allo stesso modo, il 3 novembre, la domenica. La pioggia non si placò. E alla fine il bilancio fu terribile, con 58 morti, 300 famiglie senza tetto, 250 abitazioni spazzate via. Un sacrificio di vite ma anche un territorio potenzialmente messo in ginocchio perché chi non morì dovette fare i conti con 100 fabbriche distrutte, 350 aziende artigiane e 400 commerciali spazzate via, assieme al lavoro che significavano per centinaia di famiglie.
L’onorevole Cristina Patelli vuole ricordare l’alluvione sottolineando: “Che cosa ci resta, oggi, 50 anni dopo quegli avvenimenti? O, meglio: che cosa dovrebbe restarci come monito? L’esperienza, e l’insegnamento, innanzitutto. Oggi possiamo solo augurarci che quel sacrificio di vite umane, come molti altri pagati insensatamente a Genova, a Firenze, in Veneto, non siano stati vani. Talvolta vacillo, perché se a quei tempi per una serie di ragioni che sarebbe troppo lungo ora spiegare sociologicamente, non si era preparati, oggi dovremmo esserlo senza indugi”.
E poi prosegue aggiungendo: “Non è ancora così. Perché continuano a crollare ponti, si allagano grandi e piccole città. In questi giorni piovosi non si contano i piccoli e medi incidenti accaduti proprio in quelle zone che sono state teatro dell’anniversario che stiamo celebrando. Ed è su questo che dobbiamo intervenire. Le commemorazioni passano. I convegni passano. Così come le mostre fotografiche e la deposizione delle corone. E’ tutto legittimo ed anzi, dovuto, per rispetto e per memoria. Ma non è sufficiente.
Per organizzare una tavola rotonda ci vuole poco, ma per sensibilizzare quotidianamente gli amministratori, condividere con loro la cultura della pulizia degli alvei, della messa in sicurezza delle strade e delle colline, predisporre sistemi anti smottamento, cercare di mettere in sicurezza torrenti e rogge, ci vogliono anni. E costanza. Devo dire che nel Biellese molto è stato fatto, ma non è sufficiente. Soltanto quattro anni fa pagavamo nuovamente un prezzo alto a causa del maltempo continuo e costante, con centinaia di migliaia di euro di danni e strade chiuse, erose o smottate. Nessuna vittima, per fortuna, ed è già un gran risultato. Tuttavia l’attenzione non va mai calata”.
Patelli conclude augurandosi che gli amministratori proseguono negli investimenti per la messa in sicurezza dei territori:
“Investire nella messa in sicurezza del territorio è meno social di altre dichiarazioni, non ha certamente lo stesso appeal di altri temi più mediatici. Ma salva vite umane e l’esistenza di molte famiglie. Quindi nel rinnovare l’invito a tutti gli amministratori pubblici di badare alla sostanza degli interventi nei rispettivi territori, li ringrazio al contempo per ciò che fanno ogni giorno. Nel Biellese, la memoria di quel fango e quell’acqua ha fatto sì che si ripensasse alle manutenzioni e questa sensibilità aumentasse fra le generazioni successive alla tragedia”.
On. Cristina PATELLI