Mentre a livello nazionale il Pd si mette a guardare sgranocchiando pop corn, un atteggiamento che personalmente trovo piuttosto ottuso, ma così va dicendo il segretario in pectore del partito, a Cossato, dove probabilmente il consiglio del capo poteva essere tesoro, tal Cavalotti, che pure lui segretario rimane, ma di minore levatura a stampo localistico, con lo scopo probabilmente di guadagnare qualche decimale nell’approssimarsi della campagna elettorale, decide di tirare fuori l’asso di bastoni e calarlo sul tavolo: Cossato deve diventare la grande Cossato e “annettere” Quaregna, Castelletto Cervo, Mottalciata, Cerreto Castello, Gifflenga e, magari viene da pensare a me, se potesse anche Lessona e Crosa, ma queste ultime ci hanno già pensato per conto loro e restano fuori dai giochi.
Allora, ragioniamo. Valdilana, piaccia o non piaccia, ha intrapreso un percorso serio: i sindaci si son trovati, ne avranno discusso mille volte, avranno anche discusso fra loro, avranno parlato con la Regione, valutato delle ipotesi ed oggi si confrontano con i residenti e con i giornali. A Cossato no.
A Cossato il Pd non parla con nessuno degli amministratori confinanti, nemmeno con coloro che amministrano la città, e decide per tutti.
Risultato: lo stesso coas che genererebbe un elefante in una cristalleria.
L’amico cossatese Felice Bocchio Chiavetto trova persino l’educazione di rispondere a mezzo stampa, pur non essendo il suo sindaco stato interessato nel merito (è solo il sindaco di Cossato, che sarà mai, vuoi mica coinvolgerlo).
E la sua risposta è piena di buon senso: le fusioni sono importanti, ma devono avere un criterio e un obiettivo. Possono essere anche molto grandi, ma devono venir fuori da una discussione attenta e dalla volontà di tutti, magari per una volta superando anche le differenze partitiche.
Insomma: la cosa è uscita talmente male al Pd che rischia di far fallire persino il tentativo di provarci. Cosa che se non fondamentale per Cossato, certamente vitale per i piccoli centri che non riescono più a cavarsela o lo fanno con difficoltà.
Ma Cavalotti sminuisce, alla fine, probabilmente chiamato a più miti consigli, e si rassegna a inserire il tema nel futuro programma elettorale, cioè facendolo diventare una cosa strettamente di partito quando invece dovrebbe essere strettamente condivisa con tutti. In altre parole: la metto nel programma per non farla. E deve aver imparato dal sindaco di Biella Cavicchioli perché la Grande Biella era uno dei punti strategici del suo programma del 2014. Oggi che sono passati quattro anni abbondanti e ne manca uno alla fine, dentro quei fogli programmatici è rimasta, assieme a molte altre cose. Al limite, sull’argomento, ha condiviso qualche vigile urbano con un paese confinante e amico. Sono quelle ragioni per cui apprezzo maggiormente le campagne elettorali di pochi punti, non di cento, ma che badano sul serio al necessario. E in giro ne vedo sempre meno.