IL DARDO DEL 18 AGOSTO: SU QUEL PONTE, SOTTO QUEL PONTE, CI SIAMO TUTTI NOI

Su quel ponte, sotto quel ponte ci siamo tutti noi.
E’ inutile nascondersi, è inutile cercare alibi.
Se vogliamo, nemmeno i colpevoli, perché colpevoli lo siamo tutti un po’. Io che amo le polemiche, che spesso cerco la discussione accesa, non riesco a fare distinguo, in questo caso, tra responsabili della prima ora, della seconda o dell’ultima, tra politiche di centro destra, di centro sinistra o gialloverdi.
Preferirei tacere, e preferirei che lo facessero in molti altri.
E così mi limiterò a un paio di considerazioni con riferimento locale e poi tornerò ad interrogarmi in silenzio su chi siamo e dove stiamo andando.
Venticinque anni fa capitò anche a noi. E una tragedia analoga a quella genovese non avvenne per puro miracolo, perché un tecnico si accorse che qualcosa non andava alla base del ponte. E bloccò il traffico. Pioggia e intemperie furono anche in quel non poi così lontano 1993 gli indiziati principali e per una serie di coincidenze l’opera venne presto ripristinata e intanto tutti lavorarono alacremente per la creazione di un passaggio alternativo, di un guado sul fiume Cervo (di cui si vedono ancora le tracce) che avrebbe semplificato l’accesso alla città, in anni in cui si immaginava ancora una Provincia in espansione e la grande crisi, lo spopolamento e l’invecchiamento precoce non si erano ancora abbattuti e rivelati.
O forse c’erano già le avvisaglie e non sono state colte, ma è tema di un’altra storia.
Tuttavia si è cercato di fare programmazione, di ripartire, di programmare interventi.
Cose necessarie anche oggi, ma lontane dalla realtà, ossia dalla programmazione del Comune, che bada a spendere i soldi dell’Europa a prescindere dall’utilità del progetto, con programmazioni che cercano che cosa sia realizzabile con i fondi disponibili e non ciò che realmente può servire alla città fra 20 anni.
Su questo dobbiamo lavorare, e tanto. Sul duplice tema di conservare e manutenere l’esistente e programmare il futuro.
Non quindi sacrificare lo sviluppo per il passato, come ad esempio, per citarne uno, sostiene Possemato con le scuole. Sono due concetti semplici, ma che in un generale sciacallaggio, in questi giorni, da parte di molti biellesi, politici e non, mette troppo spesso insieme nelle paludi oscure di Facebook.
Se comprendiamo questo delicato passaggio, allora forse c’è ancora speranza per tutti noi.