Quelli come me, figli del secolo scorso, a scuola non hanno mai studiato le FOIBE.
E pensare che, in ogni angolo della penisola Italica, nell’immediato Dopoguerra, vennero sfollati circa Trecentocinquantamila italiani che dovettero scappare per non finire infoibati.
Di infoibati si sente parlare più seriamente solo da quando, nel 2004, è stata istituita la Giornata del ricordo, il 10 febbraio, a ricordo della tragedia delle Foibe, dell’Esodo degli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia.
Le foibe furono utilizzate principalmente per occultare i cadaveri di collaborazionisti del regime fascista italiano o ustascia croato, ma anche di civili accusati ingiustamente di collaborazionismo.
Queste uccisioni avvennero nel contesto della fine della Seconda Guerra Mondiale quando l’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia (partigiani Titini) occupò territori precedentemente appartenenti al Regno d’Italia.
Anche sul numero di italiani infoibati durante i massacri le stime variano. Secondo alcuni storici, filocomunisti, addirittura fino a qualche anno fa, le foibe non esistevano neppure, per poi passare ad accettarne l’esistenza con un numero di vittime stimato tra le tremila e le cinquemila persone. La maggior parte degli storici concorda sul fatto che le cifre reali siano comprese tra le tremila e le undicimila vittime italiane, comprese quelle cadute nella lotta antipartigiana.
Non deve passare il concetto che quei massacri furono fatti per ritorsione, quasi a scusare gli omicidi.
Bene hanno fatto, quindi, lo scorso 10 febbraio, i ragazzi di Gioventù Nazionale locali, ad affiggere fuori dalle scuole quei manifesti in cui chiedevano agli insegnanti “a che pagina” fosse “il capitolo sulle Foibe”, per ricordare di insegnare anche quanto accaduto in terra giuliana.
È stato triste constatare che alcuni politici e amministratori, oltre a criticare il gesto, siano arrivati a chiedere sanzioni civili e penali per l’esposizione di quei manifesti, dimenticando che quando lo fanno i loro compagni dei centri sociali è “diritto a manifestare” anche mettere a ferro e fuoco le città, come succede a Torino con Askatasuna.
La storia l’hanno scritta i vincitori, si sa, e in Italia questi signori hanno voluto beatamente nascondere gli efferati omicidi dei partigiani titini solo perché compagni ideologici e, a loro dire, autorizzati a farlo perché ammazzare un fascista, o presunto tale, non era reato.
Sono passati 80 anni e credo che sia doveroso accettare che la Seconda guerra mondiale non ha fatto solo quegli “pseudo eroi” saliti sulle montagne che hanno poi liberato l’Italia quando sono arrivati gli alleati, ma ce ne sono stati anche altri, morti solo perché italiani. Chi li ha uccisi è rimasto impunito, ma resta comunque un assassino.
Bravi, ragazzi, il vostro gesto ha scalfito il silenzio assordante nelle scuole dove, anche a Biella, troppo spesso, ci sono insegnanti comunisti che negano parte delle efferatezze commesse nel dopo la Guerra.
@guidodellarovere
@ildardo