IL DARDO DEL 28 APRILE 2018 – LA PROVINCIA DEI RIFIUTI

Se da una parte escono dei dati sul turismo che dovrebbero farci ben sperare, a Candelo arrivano pullman di turisti a visitare il Ricetto in fiore che per stare al passo con i tempi quest’anno ha aperto ai cinesi, facendone addirittura un tema, dall’altro restiamo parecchio provincialotti. Il turismo raddoppia, triplica, forse anche le fabbriche ripartono, almeno quelle sopravvissute, cosí ce la raccontano, ma noi restiamo aggrappati a diverse contraddizioni.

Sui giornali il quadro è quasi bello, però nella realtá restiamo una provincia di discariche e di rifiuti. Non ce la facciamo a fare diversamente. 

La nostra pianura la consideriamo come un posto dove interrare l’immondizia e tutto sommato abbiamo perso anche un po’ di senso comune, visto che ad esclusione di qualche comitato spontaneo e qualche sindaco, ci importa ben poco di cosa ci succede intorno.

A Cavagliá ormai si vive sopra e a fianco della discarica del nostro pattume e di quello dei nostri vicini. Ne abbiamo talmente tanto che per pudore pare che abbiamo smesso di costruire ulteriori ampliamenti. E allora che facciamo? Ci spostiamo poco distante, al Brianco, ma la discarica la facciamo di amianto e giá che ci siamo, perchè siamo una terra di discariche, la facciamo monumentale, venti volte piú grossa di ogni altra nei dintorni, forse in Italia. E la facciamo, e questo mi fa ancora di piú arrabbiare, su terreni nei quali si coltiva, o si potrebbe coltivare, la DOP del riso della Baraggia.

E poi siamo strani, perchè quei terreni sono alimentati dall’acqua delle dighe, ma sappiamo essere ambientalisti “a bisogno”, un po’ bastian contrari come quelli che mi davano (peraltro senza mai consegnarmelo e ci terrei ad averlo, lo ricordo ancora) il premio Attila anni fa: va bene difendere il “no Diga”, ma per il “no discarica” vediamo, perchè se poi mi mettono il riso mi chiedono anche l’acqua e le cose diventano difficili, un vero casino.

Ho esagerato, lo faccio sempre. Ma il concetto resta valido: siamo divisi e divisivi, difendiamo il riso ma non l’acqua che serve per coltivarlo, ci inventiamo pure nuove tecniche di coltivazione da sostenere che necessitano di poca acqua, ma poi interriamo metri cubi di amianto vicino allo stesso riso. Bastian contari, appunto, ma anche un po’ menefreghisti.