Caccia: PATELLI, VIVIANI, BUBISUTTI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS e MANZATO. interrogano il Governo sul perchè non si possa andare a caccia

 — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:

il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020 ha decretato, per le regioni considerate rosse, alcune restrizioni per contenere il contagio da Covid-19, prevedendo, invece la possibilità di svolgere attività sportiva esclusivamente all’aperto e in forma individuale; questo ha portato al divieto di svolgere attività venatoria e di pesca dilettantistica;

infatti, la prefettura di Milano ha precisato che, «in considerazione dell’attuale contesto epidemiologico e per ridurre al massimo gli spostamenti individuali, si tende a supportare una interpretazione restrittiva»;

ha pertanto valutato che l’attività venatoria e di pesca non possano essere assimilate all’attività sportiva consentita dal decreto;

già durante il lockdown della primavera scorsa, gli avvistamenti degli ungulati si sono moltiplicati portando ad oltre due milioni il numero dei cinghiali che hanno potuto circolare senza freni per campagne e città, causando ingenti danni ai raccolti e mettendo a rischio la sicurezza delle famiglie anche nelle poche occasioni in cui era permesso uscire di casa;

in quel periodo in Piemonte, con lo «stop» alla caccia di selezione e con meno persone a presidiare i territori, i cinghiali hanno invaso le campagne da nord a sud della regione, con ingenti danni alle colture specie nelle province di Alessandria, Biella e Vercelli;

l’esercizio della caccia è evidentemente un’attività sportiva che si pratica all’aria aperta, in luoghi isolati, così come il mantenimento delle distanze di sicurezza fra gli stessi cacciatori è ugualmente requisito indispensabile per la pratica;

ogni cacciatore è tenuto ad uscire indossando tutti i dispositivi di protezione individuale utili a evitare il contagio da Covid-19 rispettando tutte le misure di base per evitare il proliferare del contagio;

il cinghiale è l’ungulato più prolifico ed il suo periodo riproduttivo, a differenza delle altre specie, si distribuisce su vari mesi fino all’intero anno, con un picco delle nascite in primavera;

il periodo riproduttivo del cinghiale è legato al ciclo estrale che ha cadenza mensile e si interrompe solo durante la gestazione e l’allattamento: di norma le femmine, che raggiungono la maturità sessuale a circa un anno di età, hanno un periodo estrale di circa tre settimane, nel periodo che va da fine ottobre a fine gennaio ed il numero dei piccoli può variare in funzione del peso e dell’età della femmina: da un minimo di 2-3 cuccioli fino ad un massimo di 7-8;

tutto quanto sopra citato costituisce una testimonianza di quanto un secondo «stop» alla caccia di contenimento agli ungulati porterà ad un sicuro incremento straordinario della popolazione di cinghiali con conseguenti ingenti danni alle coltivazioni e alle persone: purtroppo, i cinghiali si spingono ormai sempre di più a ridosso dei centri abitati, e sono uno dei fattori più pericolosi relativamente agli incidenti stradali (a titolo di esempio, nella pur non estesa provincia di Biella lo scorso anno sono stati recuperati dalla protezione civile circa 800 animali);

è fondamentale che le azioni di contenimento della fauna selvatica continuino, ma soprattutto devono essere maggiormente efficaci, visti i danni che questi animali provocano sia alla popolazione che all’agricoltura, ma considerato anche del rischio che questi ultimi possano diffondere epizoozie, come la peste suina africana –: