Caccia: la solita propaganda a mezzo stampa prova a contrastare l’esito del referendum con inesattezze puerili

Mancano pochi giorni alla conclusione dei termini per la presentazione delle firme necessarie a portare gli italiani alle urne per “abolire la caccia”. Sarebbe la terza volta, nel nostro Paese, che viene tentata questa strada dalle associazioni animaliste. Due volte è già fallito, anche perché evidentemente le persone si rendono conto che i cacciatori non sono dei barbari assassini, ma contribuiscono, fra l’altro, alla salvaguardia degli equilibri naturali, che diversamente sarebbero (e già lo sono) fortemente sbilanciati, basti pensare al proliferare in eccesso dei cinghiali e di molti ungulati in diverse zone del Piemonte. E il tutto a dispetto del fatto che la caccia venga regolarmente svolta. Non osiamo immaginare diversamente.
Tornando al punto, in questi giorni, sotto scadenza dei termini per presentare il referendum con le firme necessarie ancora mancanti, è partita, in modo scientifico, da parte di certa stampa, una campagna denigratoria quotidiana. Sul locale Eco di Biella non passa numero che la caccia (la pesca invece viene esentata ed eventualmente premiata con rubriche dedicate) non finisca alla ribalta delle cronache locali per via di quale “cattivo cacciatore”.
Il 25 ottobre, il racconto del giornale locale, enfatizzato da titoli tutti da verificare, racconta di un cacciatore impegnato nei boschi alla caccia al cinghiale, redarguito da abitanti delle case, forse spaventati dai colpi, che senza alcuna valutazione oggettiva lo affrontano verbalmente e poi chiamano i Carabinieri. Secondo queste persone (magari anche coalizzate), il cacciatore avrebbe sparato un colpo in aria per intimidirle. L’articolo racconta di questo, ma ovviamente tutto in chiave allarmistica e negativa, raccontando un fatto che peraltro è tutto da verificare. E qui sta la malafede. Si dice che al cacciatore vengono sequestrati sette fucili, rendendo nuovamente torto alla verità: in questi casi, in attesa di una verifica, se viene sospeso il porto d’armi vengono sempre ritirate le armi, siano esse una o duecento.
Non ancora soddisfatto, l’articolista racconta, sul finale, di un gruppo di cacciatori che a Massazza non avrebbe riconosciuto un guardiacaccia e abbia atteso per conferma l’arrivo dei Carabinieri, che hanno verificato le credenziali del soggetto. Tutto a posto, ciascuno per la sua strada: e questa sarebbe una notizia?
Sempre nella pagina del giornale, poi, si scrive un articolo nel quale si racconta una circostanza analoga, ossia il sequestro dell’arma a seguito di denuncia di un passante, che sembrerebbe mettere nei guai un cacciatore che si è recato a recuperare un cinghiale nell’area parco. Un fatto, immediatamente smentito dal guardiaparco che ammette e verbalizza di aver concesso l’autorizzazione. Tutto il resto dell’articolo, le disquisizioni sull’arma sequestrata e qualunque altra congettura sono soltanto pretestuose.
Articoli che spuntano come questi non andrebbero scritti. I cacciatori, intanto, vadano avanti per la loro strada e non se ne curino. Gli italiani sapranno anche questa volta stabilire che cosa significa contenimento e che cosa invece, come certi credono, assassinio.

Guido DELLAROVERE

Presidente ATC-CA BI1

Presidente F.I.D.C. Provinciale di Biella