31 LUGLIO 2024 – BIELLA PRIDE, CARNEVALE O SERIA MANIFESTAZIONE?

Anche Biella, a fine estate, avrà il suo Pride, figlio di quello che per anni tutti abbiamo chiamato Gay Pride, manifestazione che, a detta degli organizzatori, parrebbe indispensabile al pari alla processione votiva a Oropa per i cattolici praticanti.
Per fortuna in questa occasione non ci saranno da aprire o chiudere cancelli, il che, almeno, eviterà le ridicole polemiche di domenica scorsa.
Ma mi chiedo, questo Pride, questo evento, ha davvero senso di esistere oppure, come tanti pensano, si tratta semplicemente di una carnevalata fatta e voluta non tanto per denunciare mancati diritti ma soprattutto per provocare in modo spesso volgare. In Italia le leggi che tutelano i diritti delle minoranze contro la discriminazione esistono e vengono fatte rispettare. Personalmente non comprendo il nesso che al Pride c’è sempre fra l’esaltazione carnevalesca, o meglio l’ostentazione della propria sessualità con abbigliamenti a dir poco stravaganti, con corpi seminudi in giro per strada e, al contempo, la richiesta di non essere trattati come “diversi”.
Non c’è dubbio che l’esaltazione e la spettacolarizzazione del sesso, compreso quello eterosessuale, offende il pudore e mi meraviglia che sfilate orientate allo scandalo siano consentite.
Qual è l’opportunità di un “Gay Pride” a Biella? A cosa serve?
Forse a chiedere che la cattolica e industrializzata cittadina all’ombra del Mucrone sia meno “omofoba” e più tollerante?
Voglio ricordare che in Italia l’omosessualità è stata depenalizzata nel lontano 1866 e che siamo l’ottavo Paese al mondo quanto ad accettazione sociale dell’omosessualità.
L’Italia non ha bisogno di nuove norme “anti omofobia” perché esiste già la legge contro i crimini d’odio e di istigazione all’odio, esiste già il reato di ingiuria per chi lede l’onore di una persona, per chi la diffama e per chi usa la stampa per diffamare, nonché l’aggravante comune per aver agito per motivi abietti o futili.
Tornando, dunque, al “Pride” biellese, serve a chiedere più tolleranza? No, sfonda una porta aperta. Serve a chiedere diritti per gli omosessuali conviventi? No, questi diritti esistono già nel nostro ordinamento e questo non lo sanno neanche i diretti interessati, prova è la pubblicazione del libro “Certi diritti che le coppie conviventi non sanno di avere”, oppure viene volutamente taciuto al fine di propagandare le unioni civili.
Non è che, alla fine, il “ Pride” non solo non incoraggia alcuna forma di rispetto, ma ne è, con le volgarità e la blasfemia che notoriamente ospita, la lampante negazione?
Perché ogni volta assistiamo a scene blasfeme contro Gesù, la Madonna e la religione cattolica? Quelle vanno tollerate e vanno bene?
A ogni Pride, poi, la storia non cambia: o ti dichiari apertamente a favore del matrimonio gay, dell’adozione dei figli da parte delle coppie omosessuali, del ddl Zan, dell’utero in affitto oppure sei omofobo.
Mi tornano in mente le discriminazioni contro Dolce Gabbana, Arisa, lo stesso Salvini e il meno noto Don Davide Imeneo, parroco di Reggio Calabria. Tutti colpevoli di aver pubblicamente dichiarato di non essere a favore delle adozioni gay e di ritenere i Pride non utili alla “causa”.
Ecco che viene fuori che, chi da sempre fa del vittimismo su diritti negati, poi è il primo ad avere un atteggiamento razzista contro chi ha sì gusti omosessuali, ma non ne condivide certe idee. Fa sorridere che, poi, i membri di questa comunità si dichiarino orgogliosamente democratici e liberal…chissà come si comporterebbero se non lo fossero.

Guido DELLAROVERE

@ildardo