IL DARDO DEL 21 FEBBRAIO:AVER PREFERITO CORAGGIOSA MORTE A VITA IMBELLE

«Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla», così si rivolgeva Giordano Bruno ai giudici dell’Inquisizione l’8 febbraio dell’Anno del Signore 1600, dopo che gli veniva letta la sentenza capitale comminatagli quale eretico.
Nove giorni dopo, il 17, serratagli la lingua da una mordacchia per non farlo parlare, denudato, legato ad un palo, veniva arso vivo in Campo dei Fiori, a Roma, e le ceneri gettate in Tevere.
Pochi giorni fa, sono trascorsi 419 anni dai fatti che ho narrato in modo compendioso riguardo a un uomo libero, un pensatore mirabile, un simbolo unico e un modello per chi non è allineato all’ortodossia dominante, Giordano Bruno, filosofo nolese, mente eccelsa in quello scorcio di tempo che viene definito il “Secolo di Ferro”.
Perché ricordare Giordano Bruno? È presto detto: non per mero spirito intellettuale o di speculazione filosofica, seppure lo meriterebbe, bensì per provare a fare un ragionamento sulla ricorsività storica (e politica), al modo vichiano, volgarmente detto dei “corsi e ricorsi”.
A distanza di quattro secoli e molti lustri, credo che il paradigma con cui chi non condivide il pensiero dominante, il cosiddetto politicamente corretto, viene additato e marginalizzato, irriso e sbeffeggiato, non sia affatto mutato. Mutano gli strumenti, i contesti, le modalità, ma la condanna del “pensare diversamente” è sempre la stessa.
Tanto più che, gli Inquisitori, ora come allora, si reputano moralmente superiori, depositari della Verità, unici portatori del Verbo. In fondo, questo è il modus operandi delle élite e degli intellettuali, che screditano il popolo (il volgo profano manzoniano), lo scherniscono, lo bollano di essere rozzo e ignorante. Questa è l’eterna battaglia tra sovranisti e globalisti, tra forza dell’identità e nulla, tra distinzione e uniformazione.
Auspico che la forza di un uomo come Giordano Bruno possa albergare in ognuno di noi, crescendo e irrobustendosi di giorno in giorno, divenendo via via più forte, preparandoci alle molte battaglie che verranno contro chi vuole che contiamo sempre di meno, che la nostra cultura sia accantonata e sostituita, che lo spirito dei popoli si affievolisca e scompaia.
«Ho lottato, è molto; ho creduto nella mia vittoria […]. Non aver temuto di morire, […], aver preferito coraggiosa morte a vita imbelle».
simone.coletta79@alice.it