Ci risiamo. Sembra che se ogni tanto gli italiani non provano ad abolire la caccia con un referendum non siano contenti. Dopo due referendum falliti, nel corso degli anni, oggi si riparla di referendum. Ma andiamo con ordine. Il 3 giugno 1990 un primo referendum sulla disciplina della caccia incassa solo il 43% di votanti e non raggiunge il quorum. Di questi, quasi tutti oppositori, il 92% sarebbe stato favorevole all’abrogazione della legge. E numeri analoghi li ottiene anche il quesito che impedirebbe ai cacciatori di cacciare all’interno di fondi privati.
La legge sulla caccia non viene dunque abrogata, perché di questo si tratta: non si parla mai di eliminare la caccia in toto, ma di abrogare la legge che la regolamenta e quindi creare la necessità di riscriverla in toto per dare dei limiti a una pratica che, come davvero dovrebbe riconoscere chi intende praticare un ambientalismo sano e responsabile, è necessaria a mantenere un ecosistema in equilibrio.
Passano pochi anni e, il 15 giugno 1997, gli ambientalisti tout court ci riprovano. Ma anche questa volta il quesito che dovrebbe impedire l’ingresso in fondi altrui ai cacciatori frana miseramente su un 30% di votanti che non raggiungono il quorum.
Sembra evidente che già nel corso degli anni ’90 gli italiani non avessero tutte queste priorità. Poi vengono una serie di considerazioni mie personali. Intanto si tratta dell’iniziativa di un manipolo di cittadini che presentano una richiesta formale e un quesito referendario per “l’abolizione della caccia”. Meglio non sottovalutare l’impegno di alcun cittadino, ma intanto questi signori hanno 90 giorni di tempo, ora, per raccogliere 500.000 firme. Numeri che non sono proprio uno scherzo. Poi, e la storia dovrebbe insegnarlo, se anche riuscissero a portarlo alle urne, il referendum dovrebbe essere votato e, per essere efficace, raggiungere il quorum. Infine, se anche lo raggiungesse, non abrogherebbe la caccia come molti, ingenuamente, potrebbero credere andando a votare, ma la soltanto legge che regolamenta la caccia, ossia la legge 157/92. Quindi non scomparirebbe la caccia, ma semplicemente dovrebbe venire nuovamente normata.
A parte tutto ciò, che già mi sembra sufficientemente dettagliato, concludo con una riflessione: da anni sento parlare di unità del mondo venatorio, spesso soltanto a parole. Oggi i tempi e gli argomenti sono secondo me maturi per darsi una svegliata e remare tutti dalla stessa parte e demolire con i fatti, spiegando cosa significa realmente cacciare, questi delatori. Il mondo della caccia è sufficientemente maturo per unirsi in difesa di un diritto sacrosanto, o nuovamente vuole lasciare spazio soltanto a queste retoriche pseudo ambientaliste?
Guido DELLAROVERE
Presidente F.I.D.C. Provincia di Biella